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                      > Mi ricordo di ... 
 
                       
                       
                         
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                           Gente di caruggi  -  
                           Sugattu 
                           
                           (Maddalena Prefumo) | 
                           
                            
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                  Appoggia il puntatore del mouse sulla parola o frase in
                  dialetto per visualizzarne la traduzione in italiano 
                    
                      
                       
                  Chissà
                  perché chiamassero così Maddalena Prefumo. La sua specialità
                  professionale: fare le pulizie nei locali della Casa del
                  catechismo. 
                  Questa
                  sorgeva esattamente dove oggi troneggia l’Oratorio Mons. Mario
                  Ghiga. La vecchia costruzione era stata acquistata, in parte,
                  da don Pagani e, in parte, da don Mario. Don Pagani doveva
                  essersi fatto regalare (non aveva speso soldi per quello) una
                  vecchia insegna pubblicitaria in metallo, rettangolare, con la
                  scritta  
                  “Birra Peroni”. L’intraprendente parroco aveva
                  sfruttato il retro dell’insegna; facendovi scrivere, in
                  caratteri cubitali, 
                   Casa del Catechismo.  Si era negli
                  anni ’20, tempo di autarchia nazionale, oltre al noto senso di
                  risparmio degli oriundi liguri. Ma quella casa sarebbe
                  diventata punto di riferimento per tante generazioni di
                  ragazzi e giovani. 
                    
                  Le aule
                  dell’edificio erano frequentate per il catechismo e per le
                  adunanze (adesso si chiamano incontri) della gioventù
                  cattolica; si svolgevano in un’aula con un tavolo di legno, a
                  forma di ferro di cavallo. 
                  A Sugattu,
                  una volta la settimana, veniva su per le pulizie delle aule.
                  Era una donna simpatica, piena di energia, nonostante già
                  avanzata negli anni. 
                  
                  Incontrandola per le scale: 
                  
                    -  Buona sera,
                  Manenigna. 
                  
                    -  Bugna
                  saia!... Me ne faggu ‘na pansò
                  – rispondeva (lei si esprimeva con tutti in un tabarkino
                  femminile doc). 
                  Alludeva
                  alla fatica di dover andare su e giù, ad attingere l’acqua al
                  pozzo, che si trovava nella prima aula al piano terra. E aveva
                  tutte le ragioni per lamentarsi.  
                    
                  Spazzava le
                  aule e lavava per terra, sempre con le mani nell’acqua fredda
                  (gelida, d’inverno), stando attenta a non farsi male nelle
                  mattonelle smosse del pavimento sui solai di legno. Lavorava
                  tutto il primo pomeriggio, fino alle ore 17, quando arrivavano
                  i ragazzi per il catechismo.
                  
                   I quali, si sa, sono irrequieti e
                  rumorosi. E, incontrando la Sugattu, non ci pensavano due
                  volte a scavalcare il secchio, uno dopo l’altro, come una
                  squadra di calcio in allenamento. La povera Manenigna li
                  minacciava (o faceva finta) agitando la scopa: 
                   
                   
                  Modesciprineee! - gridava, gonfiando le vene della gola.
                  Si calmava solo quando interveniva l’assistente ecclesiastico
                  (viceparroco) o il catechista, a frenare la vivacità dei
                  piccoli indiavolati. 
                  
                    -  
                  
                  E che
                  scandalu!
                  – commentava, scendendo le scale – 
                   Nu ghè ciü religiùn! 
                    
                  La Sugattu
                  aveva pure una fede politica, ben motivata, di cui non faceva
                  mistero. Durante le elezioni del 1956, un partito in lista
                  tentava di guadagnare voti promettendo agli elettori un dono
                  personalizzato. Alla nostra amica avevano offerto una
                  vestaglia, da usare nel lavoro professionale. Ma lei, ferita
                  nel suo orgoglio politico, rispondeva con fierezza: 
                  
                    -  
                  
                  Tegnivia, a
                  vestaglia; ché mi, a vutò, che vagu cun sta strassa c’ho
                  ‘ndossu! 
                  La sua
                  coerenza non fa una grinza. 
                    
                    
                  
                  Appoggia il puntatore del mouse sulla parola o frase in
                  dialetto per visualizzarne la traduzione in italiano 
                       
                       
                         
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