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Gente di caruggi  -  Rinaldo

(Rinaldo Aste)

 

 

 

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I moderni parrucchieri (per lui e/o per lei) impiegano tanto tempo a girare attorno al/alla cliente, per lo shampoo, la mèche e applicazioni di creme al latte o all’uovo. Perciò una seduta decente dal parrucchiere, altrettanto decente, dev’essere prenotata almeno per telefono.

Poco più di mezzo secolo indietro, il barbiere vi serviva in tempo reale, subito dopo aver finito di spazzolare il cliente che aveva sotto le forbici. E gli rimaneva del tempo libero che, in genere, dedicava all’arte musicale.

In ogni barberia sono nati complessini a plettro e ad archi, che allietavano le serate invernali e le feste popolari. Così il barbiere diventava anche operatore artistico.

Tale fu Rinaldo Aste, conosciuto semplicemente come U Rinaldo, barbiere di professione, musicista per passione. Tra una barba e un taglio all’umberta, trovava il tempo per insegnare a suonare il violino, il mandolino, la chitarra e il pianoforte.

 

Appassionava un gruppetto di giovani (ai quali, forse, regalava una sfumatura un pò più elegante) e li coinvolgeva in un’orchestrina per il commento musicale dei films. Così, mentre sullo schermo muto, gli indiani inseguivano i pionieri del Far West urlando a squarciagola, U Rinaldo al piano dirigeva musiche romantiche, suonate da violino 1 e 2; violoncello, basso, flauto e tromba; e quando u zonu baciava follemente la partner, i musicanti si sbizzarrivano in una mazurka.

Il bello della diretta era proprio questo mixage a piacere. E la gente si divertiva, con poca spesa (modo economico per trascorrere il tempo libero).

 

A Rinaldo si deve pure la raccolta delle musiche del ballo tabarkino, tramandato fino a noi. A Carloforte il ballo popolare è sempre stato un momento di socializzazione. Ogni occasione era buona per una serata in sala da ballo, così si chiamava un magazzino preso in affitto. Il poco spazio era suddiviso: il centro ai ballerini, tutti a coppie; in un angolo U Rinaldo dirigeva l’orchestrina. Che si faceva pansè di ballo tabarkino, ripetuto all’infinito nei diverso motivi per i gruppi che si susseguivano. Infatti, chi non trovava posto nel primo turno, aspettava il secondo; e cos’ via. Perché l’orchestrina era stata affittata e suonava per ogni gruppo, fino a notte fonda.

Poi la sala da ballo fu ribattezzata festa da ballo, che richiedeva un ambiente più spazioso e, soprattutto, ciü assestau. I balli si trasferirono in teatro. Nacque così la tradizione danzante alla Mutua e, particolarmente, al Cavallera.

 

Ma in quale conservatorio il bravo barbiere musicista aveva conseguito il diploma per suonare quattro strumenti e disporre di arrangiamenti musicali per altri sette? In corso Repubblica (attuale corso Tagliafico) angolo con la piazza, nella bottega artigiana di barbiere. U Rinaldo musicista era semplicemente autodidatta. E ciò lo rendeva ancor più ammirevole; perché dimostrava una discreta conoscenza delle prime nozioni di armonia. Ancora oggi, in diverse occasioni si esegue la marcia Italia. Forse pochissimi sanno che l’autore è U Rinaldo. È proprio vero: santi si diventa, artisti si nasce.

 

La sua arte musicale ha risuonato anche nelle funzioni religiose; dal 1912 fu organista ufficiale della Parrocchia. Allora usava celebrare le messe cantate anche nei giorni feriali, specialmente per le ricorrenze funerarie). L’organo a canne (purtroppo non esiste più) funzionava solo col mantice a mano. Incaricato di dare aria alle canne era Luigi du Peglian di età avanzata, sofferente di ernia inguinale e non vedente. Aveva tutte le ragioni di azionare il mantice con una certa lentezza, che però diminuiva il suono. L’organista lo esortava, sottovoce: Tia! E Luigi accelerava. Dopo un pò: Tia! Di nuovo. E nuova accelerazione. Poi, ancora Tia! Luigi scocciato: Tiu ‘na merda! Chissà perchè queste due sillabe si usino come valida panacea in situazioni fastidiose; comunque pare che funzioni!

 

Nel ruolo di organista, U Rinaldo sostituì l’anziano Battistino Garau fino al 1949. Ma già dal 1934 il suo intervento si ridusse alle messe nei giorni feriali; nelle altre funzioni, soprattutto nelle feste comandate, gli successe l’erede, nella famiglia e nell’arte: il figlio Angelo, appena dodicenne.

 

 

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Testi estratti da "GENTE DI CARRUGGI" e da "GENTE DI CARUGGI 2" entrambi di Daniele Agus

Alcune immagini sono prelevate da "CARLOFORTE, ISOLA DI SAN PIETRO" di Antonio Torchia

 

 

 

 

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