> Mi ricordo di ...
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Gente di caruggi -
Crastetti
(Checco e Pino Gamboni)
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Cornelia,
presentando i due figli, Caio e Tiberio Gracco, diceva con
orgoglio:
Ecco i miei gioielli.
Con
altrettanto orgoglio materno, Teresa Crasto poteva presentare
Checco e Pino, dicendo:
Ecco i miei Crastetti. Glieli
aveva regalati il marito, Luigi Gamboni, che morì ancora in
bontà.
Terexìn ha lavorato sodo per custodire i
gioielli, ai quali ha impresso pure il sigillo del cognome,
Crasto. Da qui l’appellativo di Crastettu ai fratelli, Checco
e Pino.
Checco, da
ragazzo, pensava di farsi prete. Ma fu solo un sogno, durante
il quale cantava anche messa, a voce spiegata, svegliando
tutti i compagni a notte fonda. Il sogno
de fô u preve
svanì dopo qualche mese di seminario.
E Checco
tentò un’altra strada: da piccolo fornaretto a elettricista
in centrole; da dipendente Ammi a dipendente Enel. Qui è
un’altra cosa. E si ferma.
Attivo negli
Aspiranti ai tempi di don Franco Servetti e nelle file della
DC vecchia edizione. Qui conosce Cossiga, allora astro
nascente tra i giovani turchi di Sassari (erano gli esponenti
della nuova politica sarda).
Crastettu
uno avrebbe potuto fare strada in politica. Ma preferì
rimanere nell’ombra; con pochi flash di
adesso vi faccio
vedere io.
Esempio:
durante la campagna elettorale di elezioni politiche, Cossiga
viene a Carloforte a tenere un comizio. I galoppini si
precipitano all’arrivo, per stringere la mano al nuovo leader
(ma questo rito lo celebravano gli esponenti di tutti i
partiti, per tutti i comizianti che sbarcavano). Solo Checco
non si scompone e continua a fumarsi la sigaretta, osservando
la scena dalla porta della Pro Loco.
Quando
Cossiga è all’altezza del monumento,
Crastettu uno si
fa avanti all’onorevole:
-
Francesco!
- Checco!
– esplode il politico, trascurando il codazzo e andando
incontro all’amico.
Abbrassi e boxi. Capito? Era un...
pessacciu!
Anche
Crastettu due (Pino) esperimenta diversi apprendistati: in
sartoria, ma si pungeva con l’ago; in cantiere navale, ma si
imbrogliava nella manovra dei busselli; esattore delle
bollette Enel, ma gli utenti venivano in ufficio per ridere e
non portavano soldi. Poi, finalmente, bidello fiduciario (più
fiduciario che bidello) del Nautico. Il preside Giuseppino Bonifai arrivava puntualmente a mezza mattinata, proprio
perché sapeva di poter contare sulla professionalità del
personale ausiliario.
A scuola
Crastettu due ha esercitato la memoria, risolvendo tante
parole crociate nelle lunghe ore seduto il
sala-personale-non-docente (che una volta si chiamava
bidelleria).
Dall’esperienza esattoriale aveva imparato a conoscere tutte
le famiglie e le rispettive
barracche. Mettendo insieme
le due cose, Crastettu era diventato l’anagrafe
ambulante di Carloforte. Conosceva tutti (nome, cognome,
storie e aneddoti) e tutti conoscevano lui.
Per un
pensionato le ore della giornata sono infinite e la sera non
arriva mai. U Crastettu si era inventato un
decoupage
personalizzato: prendeva un oggetto divorato dal tempo e dal
tarlo e lo spellava con raschietta bionica; carteggio e
pittura, pittura e carteggio, finché l’oggetto
u lüsciva.
Nel canto
era bravo a fare la seconda voce (la terza sotto all’ottava
superiore). Quando Albano ha clonato Leoncavallo con la voce
sottile, noi
nu n’aimu ciü cuè de sentì una voce così.
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