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                      > Mi ricordo di ... 
                       
                     
                       
                       
                         
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                           Gente di caruggi  -  
                           Popò 
                           
                           
                           (Giuseppe Grasso)  
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                  Appoggia il puntatore del mouse sulla parola o frase in
                  dialetto per visualizzarne la traduzione in italiano 
                  
                    
                      
                        
                  
                  Era il
                  fotografo ufficiale del territorio. Facilmente riconoscibile
                  anche da chi lo vedeva per la prima volta: vestaglia nera e
                  dita macchiate di acido, che usava per lo sviluppo delle foto
                  (era già un fotografo fai-da-te). Si pensava che egli stesso
                  avesse dimenticato il nome di famiglia; e si presentava
                  sempre: 
                   Piacere Popò; più una sonora risata. 
                  
                    
                  
                  Non c’era
                  manifestazione in cui non fosse presente, anche se non
                  invitato. Sgattaiolava per passare avanti, come tutti i buoni
                  reporter; se si arrampicava dove e come poteva, per sopperire
                  all’altezza naturale. 
                  
                  Dalla
                  macchina a soffietto di Beppin Grasso, meglio Popò, uscivano
                  solo fotografie in bianco e nero (che recapitava a domicilio,
                  altrimenti gli rimanevano sulla groppa).  
                  
                  E, nella
                  consegna, lui spiegava la foto; perché i clienti hanno
                  pretese. E, quando guardano le fotografie, specialmente le
                  donne, si guardano e commentano: 
                  
                  
                  
                  Eh, che sussaaaa! Vorrebbero che l’obiettivo fosse la bacchetta magica della
                  fata di Cenerentola. E si consolano con la teoria dei
                  contrari: che, in fotografia, i belli diventano ET, e la
                  strega di Biancaneve diventa Claudia Schiffer. 
                  
                    
                  
                  Popò
                  immortalava l’attimo fuggente con lo scatto felino della sua
                  Agfa, che tutt’al più poteva essere un pò offuscato: perché,
                  allora, il panno felpato non esisteva; e il nostro fotografo
                  ripuliva l’obiettivo col pollice e con l’indice leggermente
                  untuosi (e, chiamandosi Grasso, non poteva essere
                  diversamente). 
                  
                    
                  
                  Popò non
                  mancava mai ai matrimoni, che erano l’occasione per un
                  servizio proprio di lusso (artisticamente ed economicamente).
                  Fotografava gli sposi in tutti i momenti della cerimonia;
                  eccetto durante la 
                  predica (don Mario u l’ea ‘n po’ fastidiusu).
                  Quella domenica Popò doveva essere particolarmente stanco.
                  Al momento della predica, sedette dietro l’altare, a fianco
                  dell’harmonium-organo in disuso. Appoggiò la macchina
                  fotografica; e vi appoggiò anche lui, con la testa sopra un
                  braccio. E dormì saporitamente. Deve aver fatto un bel sogno,
                  che lo ha impegnato per tutta la messa. Quando gli sposi
                  stavano per uscire, la marcia nuziale a tutto vapore scosse
                  anche Popò. Il quale, ancora semilucido, pensò che la musica
                  accompagnasse l’ingresso degli sposi; e domandò a un vicino: 
                  
                  
                    -   La messa
                  comincia adesso? 
                  
                  
                    -   Andate in
                  pace,  
                  
                  u l’ha dittu u preve; la messa è finita. 
                  
                  
                    -   E gli sposi? 
                  
                  
                    -   Sono
                  già in viaggio di nozze.  
                  
                    
                  
                  Popò è stato
                  uno dei primi centauri su motorini di Carloforte: circolava a
                  bordo di una Lambretta importata dal meccanico Ugo Rinaldi.  
                  
                  A proposito,
                  riportiamo dal giornalino degli universitari: 
                  
                   “Un
                  turista scende dal vaporetto e domanda ad un  indigeno: 
                  
                  
                    -   Scusi, dove
                  posso trovare un vespasiano? 
                  
                  
                    -   Più in là
                  all’inizio di via XX Settembre. Vende   Lambrette; ma fa lo
                  stesso.”  
                  
                    
                  
                  Quando
                  l’asfalto non esisteva, andare in moto richiedeva maggiore
                  abilità. Popò lambrettista ne dava prova, recandosi al
                  cimitero. Superato lo stagno, imboccava la strada diritta in
                  faccia al camposanto. Avvicinandosi all’ingresso, premeva il
                  pedale del freno; ma questo non funzionava e andava giù sino
                  in fondo. La Lambretta continuava la sua corsa; il portone
                  d’ingresso del cimitero veniva incontro sempre più grande.
                  Popò disinnestò la frizione. Peggio: la Lambretta corse più
                  libera. Il centauro tentò di frenare strisciando i piedi per
                  terra. Così varcò l’ingresso e si spinse fino alla croce
                  (centro del cimitero) scavando due solchi sul terreno. 
                  
                    
                  
                  Come abbia
                  potuto stare in sella e toccare terra coi piedi, nessuno mai
                  lo saprà. 
                  
                    
                  
                    
                  
                  
                  Appoggia il puntatore del mouse sulla parola o frase in
                  dialetto per visualizzarne la traduzione in italiano 
                      
                        
                       
                      
                        
                      
                      
                     
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