LA STORIA

 

 

 

 

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Tommaso Napoli

 

  

Nacque a Tunisi il 20 gennaio 1743 da genitori tabarchini fatti schiavi in seguito all’incursione sull’isola di San Pietro del giugno 1741.

A Tunisi studiò i primi elementi della grammatica latina sotto la direzione dei missionari cappuccini. Nel 1752, assieme alla famiglia, fu liberato dalla schiavitù e condotto a Carloforte: era uno dei 121 schiavi liberati da Carlo Emanuele III.

Nel 1753 si trasferì a Cagliari e quattro anni dopo, nel 1757, entrò nell’Ordine degli Scolopi, dove nel 1767, dopo aver compiuto gli studi di lettere, filosofia e teologia, fu consacrato sacerdote.

Nel 1787 partecipò ai concorsi universitari, ottenendo prima la cattedra di teologia morale e poi quella di fisica e, per un biennio, ebbe l’incarico di insegnare le Sacre Scritture.

 

La sua notevole dottrina e il suo impegno lo portarono a ricoprire i prestigiosi incarichi di Rettore del Collegio di San Giuseppe in Cagliari e, in seguito, di Assistente Provinciale. Nel 1802 fu nominato Procuratore della Provincia Sarda dalla Congregazione Generale degli Scolopi.

Tra le opere principali del padre Tommaso Napoli ricordiamo la compilazione della Carta della Sardegna, stampata per la prima volta nel 1811, seguita nel 1814 dalla Compendiosa descrizione coreografico-storica della Sardegna.

 

Prima ancora scrisse il trattato Vita, invenzioni e miracoli del glorioso martire di S. Antioco, dedicato alla figura del conte di Sant’Antioco Giovanni Porcile. Tuttavia, le due relazioni più importanti della notevole produzione del padre scolopio, che comprende numerose altre opere in prosa e in versi, sono la Relazione di quanto è avvenuto dalla comparsa della flotta francese in Cagliari sino alla totale ritirata di essa nel 1793/94 e la Relazione ragionata della sollevazione di Cagliari e del Regno di Sardegna contro i Piemontesi.

 

Queste ultime due opere, scritte dall’autore testimone dei fatti narrati, conservano ancora oggi una validità storica dovuta alla approfondita analisi dei fatti, allo stile semplice e alla capacità dell’autore di comprendere gli avvenimenti nelle loro pieghe più nascoste. Chi, dopo di lui, scrisse su questi avvenimenti, dovette tenere conto delle sue relazioni, da cui, infatti, attinsero tutti gli uomini di cultura che si occuparono di tale periodo storico.

“Il tabarchino”, come egli voleva essere chiamato, morì a Cagliari il 20 gennaio 1825.

 

“Malgrado i difetti per i quali il Padre Napoli è meritevole di censura, si debbe a lui molta gratitudine per l’indefesso studio delle coste sarde, e per il giovamento apportato all’isola colla sua migliorata Carta geografica. Se nella coltura delle lettere ebbe gusto e modi africani, nella vita religiosa ebbe costumi innocentissimi e pietà molto sincera. L’indole sua era naturalmente buona e pacata, né da questa indole inoffensiva e tranquilla fu egli che tralignò, ma tralignare lo fecero le mene astute dei semidotti, i quali aspiravano in quel tempo al monopolio letterario della Sardegna...”

(Pasquale Tola, Dizionario degli Uomini Illustri di Sardegna).

 

 

 

 

 

Testi e immagine estratti da "CARLOFORTE e l'isola di San Pietro" di Luigi Pellerano

 

 

 

 

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