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La chiesetta della Madonna dello Schiavo

 

  

L’oratorio è conosciuto comunemente con l’appellativo di «Gexetta d’u Prevìn» = chiesetta del pretino Don Nicolò Segni, il giovane che con appena otto anni di sacerdozio seguì a Tunisi i suoi parrocchiani fatti schiavi dai barbareschi nei giorni 2 e 3 settembre 1798.

 

La sua storia è breve, ma intimamente legata al rinvenimento della statua della Madonna dello Schiavo.

 

Gli anni di schiavitù che i nostri padri passarono in terra d’Africa in mezzo al mondo mussulmano, che contestava e mal sopportava la pratica della fede cristiana, erano duri da sopportare, ma nonostante tutto ad essi non venne mai meno la fede che, anzi, andò via via rafforzandosi con l’intensificarsi della piena fiducia e motivata speranza in un intervento da parte di chicchessia purché interessato alla loro sventura.

 

Il singolare rinvenimento della statua della Madonna, avvenuto il 15 novembre del 1800 da parte di Nicola Moretto, era la testimonianza che la Madre Celeste, invocata sempre con accorato fervore dagli schiavi, vegliava sulla loro sorte (erano passati due anni) e stava già ordendo la trama della loro liberazione.

 

Quando questa avvenne nel giugno 1803 per interessamento di vari Capi di Stato, non escluso il Papa, si resero conto che le loro sofferenze non erano state sopportate invano e che le loro ferventi preghiere avevano conseguito lo scopo: il ritorno al paese.

 

La statua della Madonna ormai faceva parte della famiglia tabarkina e, una volta giunti in paese, primo pensiero del «Previno» fu quello di provvedere ad un atto pubblico di riconoscenza che testimoniasse nel tempo il grazie dei Carlofortini, schiavi e non, alla Madre Celeste che non aveva abbandonato i figli quando maggiore era il bisogno.

 

Per sua iniziativa dunque e dietro sua spinta il popolo eresse una chiesetta, nell’attuale Via XX Settembre, ed in una nicchia ricavata nella parete di fondo, dietro l’altare, fu posta la statua della Madonnina rinvenuta dal Moretto, una polena di nave in legno di tiglio che rappresenta l'Immacolata Concezione.

Ora essa è là e continua ad ascoltare le preghiere dei suoi figli che in Lei hanno fiducia e da Lei attendono le «sospirate grazie». Nel 1823 è stata dotata di campana e nel 1870 di organo, ancora esistente.

 

Da diversi anni la devozione alla Madonnina Nera ha superato i confini del mare e chi, dall’altra sponda, si reca a Carloforte per qualsiasi motivo non può fare a meno, prima di partire, di fare una visita nell’Oratorio sia per chiedere grazie che per ringraziare di quelle ricevute.

Nella stessa Chiesina, oltre la Santa Messa (in occasione della sua festa) celebrata il 15-11 di ogni anno per espresso volere del «Prevìn» si celebrano matrimoni e riti a coronamento di particolari promesse.

 

In occasione del 250° anniversario della fondazione di Carloforte (1988) sono stati portati da Tabarca i resti mortali di uno schiavo (ignoto) a rappresentare i 117 là deceduti e sono stati tumulati in una nicchia ricavata nella chiesina a destra entrando. Una lapide ricorda l’avvenimento.

Lapide dei resti di uno schiavo ignoto

 

 

 

 

 

Testi estratti da "DA TABARKA A S. PIETRO - Nasce Carloforte" di Giorgio Ferraro

 

 

 

 

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