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Cenni storici sulle Saline
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Fin dal
tempo dei Romani, dalla Sardegna il sale partiva, caricato
sulle navi da trasporto, per la penisola e poi avviato verso
le terre del vasto impero. Esso non serviva solo ad
incrementare i commerci, ma veniva dato come paga ai soldati
ed ai Magistrati. Di quella lontana usanza è rimasta una
traccia nel nome dato al compenso che percepiscono gli operai
(salario).
Nel contesto
si inserisce anche la più recente storia di Carloforte; la sua
Salina
(uno specchio lagunare di circa cento ettari, settanta dei
quali destinati alla raccolta del sale) già nei primi tempi dell’insediamento
fu
sfruttata anche se con sistemi primordiali; bisognerà
aspettare il 1770 perché venisse realizzato un vero progetto
inteso a ottenere una moderna salina. Il decollo della
produzione si ebbe quando il Governo Sabaudo concesse la
diminuzione dell'imposta sul sale, favorendo l'utilizzo
da parte delle tonnare di Carloforte del sale locale invece di
quello siciliano per la salatura del pescato.
La gestione
venne inizialmente affidata a imprenditori di Carloforte, poi,
a partire dal 1834, il Governo iniziò l'acquisto graduale
delle saline; nel 1840 tutte le saline della Sardegna
passarono al demanio statale.
Il periodo
più florido per la produzione salifera a Carloforte risultò
quello compreso tra il 1882 e il 1890, quando la salina fu
affidata alla Società di Navigazione Italiana che
migliorò la quantità e la qualità del prodotto. A partire dal
1900 lo Stato ne assunse direttamente la gestione e la
direzione.
Durante le
varie fasi di ammodernamento, si
provvide anche alla costruzione del canale navigabile interno di S.
Bartolomeo (1831) che si rese necessario sia per difendere la
salina dalle alluvioni sia per il trasporto del sale.
Sarebbe stato molto più opportuno il prolungamento di detto
canale fino al «Giunco» od almeno fino al congiungimento dei
torrenti Valacca e Macchione,
che hanno da sempre rappresentato i pericoli maggiori per la
salina. Infatti l’afflusso delle acque piovane all’interno
della salina ha periodicamente
arrecato danni irreparabili, sommergendo l’intero complesso
con l’annullamento della produzione e notevoli danni alle
arginature.
In un primo
tempo l’acqua veniva prelevata dalla spiaggia «Giunco»,
tramite una paratoia regolabile e qualche volta, sempre a
marea, attraverso lo stagno dei «Muggini». I movimenti interni
venivano eseguiti attraverso un «timpano» in legno e
successivamente con le moderne idrovore.
La parte più
interessante della storia della salina di Carloforte riguarda
più i sistemi di raccolta che vi furono praticati, visto che
il sistema di produzione non è mutabile, essendo legato ad un
processo di evaporazione naturale dell’acqua di mare per
effetto del vento e del calore. La salina di Carloforte ha il
vantaggio di avere una favorevolissima ubicazione, sia per la
ventilazione che per le scarse precipitazioni che vi si
verificano nel periodo della «campagna salifera».
Per quanto
riguarda il periodo della raccolta del sale, esso avveniva, di
norma, dopo il Ferragosto, profittando per quanto possibile di
evitare la «rottura» del tempo. Dai dati stimati
dall’Osservatorio Astronomico, risulta infatti che le prime
precipitazioni dopo l’estate vengono risparmiate a Carloforte
dal calore della roccia della «Burrun-a» che divide le nubi
temporalesche, deviandole al Golfo di Palmas e verso
Portoscuso. Questo era un grande aiuto per stabilire il periodo
di raccolta del sale.
Per le
modeste dimensioni dell’impianto e per le difficoltà dei mezzi
di trasporto da mettere a disposizione di personale
specializzato, il sistema di raccolta della salina fu
affidato, nei segni della tradizione, alla laboriosità dei
Carlofortini.
Infatti,
fino agli anni 50, si è provveduto alla raccolta del sale
prelevandolo dai bacini salanti (camère) addirittura con le
ceste che venivano portate a spalla sull’argine interno del
canale navigabile per la formazione di cumuli. Dagli anni 60 cominciò a mancare la mano
d’opera locale per cui il Monopolio provvide alla sua
meccanizzazione, utilizzando una ferrovia
decanville
smontabile e un nastro trasportatore con nastro di gomma.
Per quanto
riguarda l’utilizzo del sale, negli ultimi anni di estrazione, una piccola
parte veniva venduta nella stessa isola di San Pietro per i
panifici e le piccole
salagioni di pesce; il resto veniva distribuito alle industrie
chimiche della zona di Cagliari.
Dal 1990 la
produzione salifera a Carloforte è cessata, ma continua il
mantenimento dell'equilibrio idrologico delle caselle
salifere. Infatti, grazie alla diffusione di una notevole
quantità di elementi della fauna salmastra e alla produzione
dell'artemia salina, un crostaceo reperibile
nelle caselle più salate, offre un habitat ideale per numerose
e interessanti specie avicole (fenicotteri,
aironi,
avocette, garzette,
cavalieri d'Italia e
oltre 500 esemplari censiti dalla LIPU); ciò conferisce a
tutta l'area un'importante valore storico-ambientale, che si
deve assolutamente salvaguardare.
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