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                      > Gente di Mare 
                       
                     
                       
                       
                         
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                           Una foto, un ricordo 
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                  Ecco un
                  piccolo gruppo di foto, tutte con tema marinaro, che
                  rispecchiano pienamente quale era la  bellezza antica
                  del paese, ma nello stesso tempo quanto la
                   semplicità e
                  la  mancanza di strutture e mezzi comportassero vera fatica
                  anche per l'esecuzione dei lavori più semplici e l'insorgere
                  di disagi anche per i più banali fenomeni naturali come la
                  pioggia o il vento. 
                  
                    
                  
                    
                  
                  
                         
                  Cliccando sulle
                  miniature si possono ancor più apprezzare le fotografie
                  ingrandite. 
                  
                    
                  
                  
                  
                         
                  
                  
                  Un ampio numero di vecchie fotografie divise per argomento
                  sono disponibili nella sezione 
                  "Foto antiche" 
                  
                    
                    
                     
                       
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                        Bilancelle ed un bastimento all’ormeggio in rada
                        rivolgono la prua allo scirocco. Il porto di Carloforte,
                        privo di opere artificiali, rimase per lunghi anni
                        esposto ai venti prevalenti, in special modo quelli
                        meridionali. Solo nel 1929 venne ultimata la costruzione
                        delle dighe foranee (il molo Sanità ed il molo dello
                        Spalmadoreddu). L’immagine fa parte di una serie di
                        splendide istantanee sull’Isola di San Pietro realizzate
                        nei primi anni del secolo scorso dal famoso studio
                        fotografico F.lli Alinari di Firenze. 
                          
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                        In
                        questa nitida immagine degli anni a ridosso della Prima
                        Guerra Mondiale, alcuni grossi velieri sono ormeggiati
                        in banchina nei pressi del palazzo Napoleone. La piccola
                        bilancella reca sul fianco la scritta “piloti”. 
                          
                    
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                        Il
                        lungomare del paese battuto dallo scirocco. Numerosi
                        canotti di piccola dimensione sono stati tirati a terra
                        e sottratti al moto ondoso. Si noti sulla banchina, in
                        primo piano, la bitta ricavata con parte di un antico
                        cannone. 
                            
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                        Un
                        intreccio di alberi lungo le banchine del porto.
                        L’intenso traffico commerciale che per alcuni decenni si
                        incentrò a Carloforte, fece del suo porto lo scalo più
                        importante della Sardegna dopo quello di Cagliari 
                          
                    
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                        Bastimenti di ogni tipo popolano il porto di Carloforte,
                        negli anni antecedenti la Grande Guerra. Nel periodo di
                        massimo splendore dell’economia marittima carlofortina,
                        tra la metà dell’800 e gli anni ’20 (secolo scorso), gli
                        approdi e le partenze dallo scalo di Carloforte
                        superarono per numero quelli di Cagliari. 
                    
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                        Pescatori sulla banchina del porto. Le acque intorno a
                        San Pietro sono sempre state ricche di pesce e di
                        corallo. Alla pesca di quest’ultimo si dedicarono in
                        particolare numerose famiglie originarie della Campania
                        trasferitesi in pianta stabile a Carloforte a partire
                        dalla seconda metà dell’800 (secolo scorso). 
                  
                    
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                        Nel
                        1921, in occasione delle manovre della flotta Italiana
                        nel Golfo di Palmas, Re Vittorio Emanuele III volle
                        visitare Carloforte. Nella fotografia, la nave sulla
                        quale era imbarcato il Re e le imbarcazioni impiegate
                        per il trasferimento a terra del Sovrano e del suo
                        seguito. 
                        
                    
                    
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                        Panoramica del porto di Carloforte negli anni ’30 (scorso
                        secolo). Approdarono in quegli anni le prime grandi navi
                        a vapore, la cui comparsa fu il primo segnale del
                        declino della marineria velica, repentinamente scomparsa
                        nel dopoguerra per il mutato quadro economico seguito ai
                        disastri arrecati dalla Seconda Guerra Mondiale. 
                  
                    
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                        Bilancelle da pesca e da carico negli anni in prossimità
                        della Seconda Guerra Mondiale. Il porto di Carloforte
                        ospitò nei periodi bellici unità minori della Marina
                        Militare. Ma spesso fu la presenza del naviglio
                        mercantile in transito a costituire l’obiettivo delle
                        incursioni, condotte dal mare e dal cielo, che nel corso
                        delle due Guerre Mondiali provocarono diversi lutti
                        nella cittadinanza. Nel cimitero di Carloforte riposano
                        le salme del comandante inglese e di alcuni marittimi
                        greci appartenenti  all’equipaggio di un mercantile
                        affondato durante il primo conflitto. 
                        
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                        Una
                        suggestiva immagine di alcune bilancelle in uscita dalla
                        miniera di Buggerru al traino di un rimorchiatore. I
                        rimorchiatori comparvero solo negli ultimi anni del XIX
                        Secolo; prima di allora, in assenza di vento, la
                        navigazione fino agli scali della costa sulcitana,
                        lontani diverse miglia da Carloforte, veniva condotta a
                        forza di remi. 
                  
                    
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                        Galanzieri in attesa sui pontili antistanti i depositi
                        di minerale della Società Vieille Montagne. Il duro
                        lavoro del battelliere, condotto sulle barche armate a
                        Carloforte al servizio di numerose società italiane e
                        straniere, fu per alcuni decenni l’unica fonte di
                        sostentamento per molte famiglie a Carloforte. 
                        
                    
                    
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                        Un
                        bell’esemplare di “carlofortina” sullo sfondo del paese.
                        Benchè l’origine di questo tipo di costruzione sia
                        controversa, è verosimile considerare la “carlofortina”
                        come la diretta e necessaria evoluzione delle
                        “coralline” (le barche adibite alla pesca del corallo)
                        di cui si servirono i primi coloni giunti da Tabarca. Al
                        fine di estendere l’attività di pesca oltre i limiti
                        fino a quel momento consentiti dalle coralline, barche
                        piccole e malsicure, ma soprattutto il bisogno sempre
                        più sentito di avviare i traffici commerciali non solo
                        con la vicina Sardegna ma anche con Paesi esteri, spinse
                        infatti i costruttori locali a realizzare imbarcazioni
                        dalle caratteristiche innovative, soprattutto per quanto
                        atteneva le doti di navigabilità. 
                        
                         Adibite agli scopi più diversi, dal trasporto dei
                        prodotti dell’agricoltura a quello dei minerali, le
                        barche realizzate nel corso degli anni dai maestri
                        d’ascia di Carloforte rappresentavano, ancor più della
                        maestria dei progettisti, l’espressione più evidente
                        della volontà del popolo tabarchino di solcare i mari
                        per allacciare rapporti con altre popolazioni. E resosi
                        consapevole del significato del passaggio da marinaio a
                        navigante, il Carlofortino dimostrò come per esso la
                        navigazione non fosse fine a sé stessa ma costituisse il
                        mezzo per entrare in rapporto con gli altri. 
                        
                          
                        
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                        Una
                        immagine risalenti agli anni ’30 (scorso secolo) che
                        ritrae il piroscafo “Capo Sandalo” (137 tonn.), in
                        esercizio sulle rotte passeggeri dal 1928, in
                        sostituzione del “Pianosa” e messo a riposo nell’aprile
                        del 1966. 
                        
                    
                    
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                        La
                        “Gina”, sullo scalo dell’ex cantiere Gavassino, in una
                        recente immagine prima della sua distruzione ad opera di
                        un inopinato atto vandalico. Sopravissuta alla totale
                        scomparsa del naviglio storico della città,
                        l’imbarcazione era diventata l’ultimo ricordo di un
                        passato glorioso ed il simbolo stesso del lavoro di
                        generazioni di marittimi di Carloforte. 
                  
                    
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                        Piccoli canotti a vela nelle acque del porto. Intorno
                        agli anni ’20, un gruppo di appassionati diede vita ad
                        alcune seguitissime regate. Accanto alle tradizionali
                        attrezzature a vela latina costruite nei cantieri
                        locali, si affiancarono scafi ed armi velici
                        commissionati nei cantieri della Penisola, ai quali si
                        rivolgevano alcuni proprietari delle allora esclusive
                        imbarcazioni da diporto. 
                        
                    
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                        Un
                        bastimento alla banda. Mentre per i grandi velieri si
                        rendeva necessario l’ingresso nel bacino di carenaggio,
                        per effettuare i periodici lavori di pulizia e
                        calatafaggio dello scafo delle imbarcazioni di portata
                        limitata era sufficiente disporle “alla banda”, ovvero
                        abbatterle su un fianco. Per questa delicata operazione
                        si ricorreva all’ausilio di uno più paranchi in grado di
                        assicurare al bastimento uno sbandamento graduale; lo
                        scafo veniva così accompagnato dolcemente sino al pelo
                        dell’acqua, non oltre i trincarini, perchè se lo si
                        fosse abbattuto ulteriormente l’acqua avrebbe invaso le
                        stive, con le immaginabili conseguenze. 
                        
                        
                        Una
                        volta adagiato il bastimento su un fianco, si provvedeva
                        a raschiare l’opera viva, per ripulirla dalle
                        incrostazioni provocate dagli organismi animali o
                        vegetali che si formavano in essa, che, oltre a
                        rallentare sensibilmente la velocità dello scafo,
                        procuravano ingenti danni al legno. Sulla carena, una
                        volta levigata ed asciutta, veniva spalmata della pece
                        per renderla impermeabile e successivamente passata una
                        speciale vernice antivegetativa (il cosiddetto
                        “sottomarino”). 
                        
                        
                        Talvolta si rendeva necessario l’intervento di
                        carpentieri e calafati, per sostituire eventuali corsi
                        del fasciame che erano marciti o per stagnare fessure
                        tra i comenti che costituivano pericolose vie d’acqua. I
                        lavori di carenaggio, che richiedevano anche due giorni
                        di faticose operazioni, si rendevano necessari almeno
                        ogni sei mesi. 
                        
                     | 
                       
                     
                    
                   
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                  Un ampio numero di vecchie fotografie divise per argomento
                  sono disponibili nella sezione 
                  "Foto antiche" 
                  
                  
                    
                  
                    
                     
                      
                        
                      
                      
                     
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