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Pirateria nelle acque dell'Isola

  

  

Già a partire dal XVI secolo i maggiori frequentatori delle acque intorno a San Pietro furono i pirati barbareschi che nelle insenature dell’isola trovarono sovente riparo nel corso delle loro scorrerie lungo le coste sarde. Durante la dominazione spagnola della Sardegna, fu ripetutamente prospettata la necessità di fortificare le vicine isole di San Pietro e Sant’Antioco allo scopo di garantire la sicurezza delle coste sud-occidentali sarde, divenute luogo favorito dei pirati nordafricani per le loro incursioni. Un buon numero di documenti ne da notizia.

 

Una prima testimonianza, datata 1526, riporta la presenza in San Pietro di alcune navi superstiti delle diciotto totali che tentarono un’incursione a Sant’Antioco. I legni barbareschi, dispersi da un’improvvisa tempesta, si rifugiarono in San Pietro dove, all’indomani, gli equipaggi vennero sorpresi e fatti prigionieri dagli stessi abitanti del centro sulcitano.

 

Nel 1551 una galea con undici pirati a bordo, fatti alcuni prigionieri sulle coste sarde, gettò l’ancora presso l’Isola di San Pietro. Quando otto dei membri dell’equipaggio sbarcarono a terra per approvvigionarsi d’acqua, i prigionieri riuscirono a liberarsi sopraffacendo i tre pirati rimasti a bordo e si impadronirono della nave.

 

Nell’ottobre del 1617 il nome dell’Isola di San Pietro ricorre nuovamente allorché venne fatta concessione ad un padrone marittimo di armare legni e costeggiare i mari della Sardegna al fine di “garantire il regno ed il commercio dai pirati che avevano fatto gravissimi danni a Sant’Antioco, a San Pietro (...)” ed in altre località sarde.

 

Nel 1624 le acque dell’Isola furono teatro di uno scontro armato fra i bastimenti del pirata Assan-agà ed una squadra formata dalle navi del vicereame spagnolo di Napoli e da galee pontificie e del Granducato di Toscana. Il pirata, che si era impadronito di quattro vascelli nel golfo di Cagliari, si diresse alla volta di Algeri facendo sosta a San Pietro. Al tramonto del 1 ottobre, gli alleati scorsero i vascelli del pirata fermi in bonaccia distanti dieci miglia dall’Isola. L’indomani si scatenò la battaglia. Assan-agà, nel disperato tentativo di salvarsi con uno stratagemma, fece segno di arrendersi mentre, aveva appiccato il fuoco alla santabarbara della sua nave per rifugiarsi sul più lontano vascello. Nel cruento scontro a fuoco che seguì, quattro vascelli pirati furono catturati e 170 membri degli equipaggi vennero fatti prigionieri, mentre furono liberati cento schiavi cristiani; degli alleati ben 60 perirono.

 

Le incursioni barbaresche cessarono definitivamente grazie all’interessamento delle grandi potenze europee. La convenzione di Tunisi del 26 agosto 1816 (risultato del blocco navale inglese alle reggenze africane di Algeri, Tripoli e Tunisi) pose fine alla piaga della pirateria che infestava le acque del Mediterraneo, non prima, però, che ne fosse caduta vittima, il 3 settembre 1798, la stessa Carloforte.

 

 

 

 

 

Testi estratti da "GENTE DI MARE - Vicende e personaggi della Marineria dell'Isola di San Pietro" di M. de Francesco e A. Leone

Alcune immagini sono prelevate da "CARLOFORTE, ISOLA DI SAN PIETRO" di Antonio Torchia

 

 

 

 

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